Ieri sera, intorno alle venti, un uomo di 47 anni di nazionalità peruviana è stato gambizzato nella sua auto mentre transitava in piazza San Giovanni Bosco da due giovani in scooter che poi si sono dileguati in quello che è sembrato un regolamento di conti, e adesso è grave in ospedale. Questa la notizia sull'ennesima brutta faccenda successa nel nostro territorio.
Il nostro non è mai stato un quartiere di stinchi di santi. Sono tanti quelli che entrano ed escono dalle carceri di mezza Italia e molti di più quelli agli arresti domiciliari. La nomea che aveva negli anni '70 il Quadraro (all'epoca la nostra zona veniva ancora chiamata in questo modo, o indifferentemente Cinecittà) nella sua tendenza a far sparire ogni auto che ci entrava era superiore a quella di ogni altra zona di Roma. Ma c'era qualcosa che accomunava tutti, ladri d'auto ed impiegati, ed era l'orgoglio per il proprio quartiere.
Casermoni in cemento armato da otto piani in su, appartamenti di un paio di stanze in cui si viveva in sei o sette (figli, padri e nipoti), l'acqua diretta che in casa ne arrivava un filo. E poi le strade piene di buche, gli sterrati che venivano chiamati piazze e che quando pioveva diventavano enormi pozzanghere. Eppure era un quartiere che nasceva allora e che quindi trasmetteva una prospettiva di futuro e di miglioramento, e per la quale ognuno, delinquente o lavoratore onesto che fosse, faceva la sua parte.
Oggi non è più così. Quell'orgoglio mostrato negli anni passati è ormai solo frutto di nostalgia per un tempo che non c'è più. E la gambizzazione avvenuta ieri sera in piazza San Giovanni Bosco è solo la punta del degrado crescente in cui stiamo cadendo come quartiere. Il senso di impunità per la mancanza assoluta di controllo del territorio da parte di chi vi è preposto ha fatto sì che l'illegalità sia ormai diventata la norma in ogni campo, dal banale parcheggio in doppia fila, ai negozianti e ai loro abusi, alle bancarelle in ogni dove, ai "lavoretti" nei condomini, agli scippi, agli inseguimenti e agli spari nelle vetrine quando non alle persone, come ieri sera.
Il senso delle denunce fatte da questo blog era proprio quello (partendo dal basso, dalle piccole cose) di fare da argine a questi comportamenti oltre le regole, con l'obiettivo di ricordare a tutti cosa significa "senso di appartenenza", ma soprattutto di riportare alla mente dei cittadini il rispetto che si deve a un quartiere che è "casa nostra" e non "cosa nostra", come vorrebbero alcuni. Un tentativo anche riuscito, in rare occasioni, ma che ha dovuto scontrarsi con gli interessi privati di quelli a cui non importa affatto del quartiere, ma solo del loro portafoglio.
Inutile farne la lista. Sono politici, imprenditori o semplici cittadini che hanno come unico valore etico e morale la furbizia nel raggirare il prossimo. Un valore che, purtroppo, agli occhi dei più meschini è visto come vincente. E da parte di questi si sprecano i "grande!" al posto dei "vergogna!" quando il vicino, il conoscente, l'amico o il parente si vanta di una sua malefatta.
Ma se l'onestà e la rigorosità dei principii non sono più considerati valori premianti, allora può esserci spazio solo per il degrado più assoluto. Di questo passo, a comandare resterà il più furbo, il più bastardo, il più armato, in sintesi il più forte. E a quel punto ai cittadini del Don Bosco resterà una sola cosa da fare: stabilire a che ora debba cominciare il coprifuoco. Buona notte, e buona fortuna.